grotte

un appello di Margherita Pucci Bassini

Ho ricevuto da Margherita Pucci Bassini, che conosco come collaboratrice del Centro Studi “Guido Lireni”, un’accorata email. Credendo di interpretarne la volontà (che riservatezza ed innata delicatezza di sentimenti non le consentono di esplicitare), lo riporto di seguito.

La pubblicazione di parte del carteggio, sin qui gelosamente custodito in un involucro di riservatezza e discrezione, tra Robert Childrens - insigne figura di naturalista ecocentrico - e la cugina Annabel Olden è stata un atto di disperato trascendere l’oggettiva consequenzialità dei fatti, e l’affidare alla collettiva, sensoriale esperienza un’irrazionale speranza.
L’interesse da essa suscitato mi induce ora a riannodare una trama di fatti tristi, e intrisi di un umore che non è d’uopo definire acqueo.
Spero in questo modo di contribuire a far luce su di un mistero che, perso nel cosmico divenire di un mutevole Universo, non manca di lasciare un’esile, luminescente scia nell’animo dei più nobili tra i nostri compagni.

I fatti.

Lasciata Lugano, dove si era recato per un breve soggiorno di studi (1), Childrens tornò nel Montefeltro. I tabulati della Telecom, riferiti all’unico posto telefonico pubblico esistente in quelle lande scarsamente abitate, testimoniano frequenti contatti con la cugina Annabel. Le chiamate, che divennero via via più brevi sino a corrispondere al solo addebito dello scatto alla risposta, sembrano conseguenza di crescenti difficoltà economiche dello studioso.
Non risulta tuttavia che abbia effettuato chiamate a carico del destinatario, cosa che conferma ancora una volta la saldezza dei suoi principi morali e l’orgoglio autarchico che ne ha sempre distinto la figura.
Il gestore del “Ritrovo”, una malfamata osteria di Pietrabassa, già covo di rissosi minatori e predicatori falliti dediti all’alcolismo e al giuoco della morra, ammette di averlo avuto più volte come cliente, tra la fine dell’autunno e le precoci nevicate dell’inverno che sta ora volgendo al termine.
Se si volesser prestar fede alle parole di questo losco figuro, si dovrebbe riconoscere lo studioso nella figura trasandata e cenciosa (ma illuminata da un ardore incontenibile, espresso da bagliori violacei negli occhi vivi e da un lieve, inequivocabile tremore dei lobi delle orecchie) che per parecchie sere si accomodò ad un tavolo d’angolo, dando le spalle ad un vecchio poster dell’Equipe 84, incurante del fragore prodotto dalle stoviglie percosse dalle posate fameliche, atavicamente insaziabili degli altri avventori.
Il suo pasto era invariabilmente limitato ad una zuppa di fagioli; rifiutava ostinatamente, ma senza alterigia, il pessimo vino - certamente adulterato - che l’oste gli proponeva (2).
Alcune testimonianze, faticosamente raccolte trai cacciatori analfabeti e pressoché afasici del piccolo borgo, ci dicono del disgusto con cui osservava i piatti di selvaggina letteralmente trangugiati in sua presenza nelle serate di luna piena.
Non si seppe mai esattamente dove prese alloggio durante quel freddo periodo di vagabondaggi per le aride praterie e le spettrali macchie di Sapigno e Maiano. Non esistendo nei dintorni pubblici ostelli, ed essendo i villici, nella loro ignoranza, restii ad ammettere di aver prestato ospitalità, dietro compenso, a forestieri, possiamo solo supporre un suo interesse verso la vecchia chiesa del cimitero di Sapigno, ormai diruta e infestata da lugubri civette, ma comunque capace di offrire un precario riparo dai venti gelidi del Monte Aquilone e dalle malsane nebbie che a sera si levano dal Fosso Gambone.
Probabilmente preoccupata dal quadro della situazione che si andava delineando dalle brevi comunicazioni telefoniche del cugino, Annabel decise infine di raggiungerlo in Italia.
Per una di quelle combinazioni di eventi che, rifuggendo alla definizione di “caso”, la ragione aborrisce sino a trasfigurare nei ricordi per evitare di venirne trascinata in un gorgo di follia, l’arrivo di Annabel a Malpensa coincise con un imprevedibile sciopero degli addetti all’accensione della luce verde dei semafori: la premurosa cugina si trovò così bloccata per due giorni e una notte in un bus-navetta, impossibilitata a percorrere i pochi metri che la separavano dal terminal internazionale dell’aereoscalo milanese dal terrore di incorrere in una sanzione amministrativa dall’importo imperscrutabile (3).
Proprio in quelle ore, alla fitta nevicata che per più giorni aveva imperversato su tutto il Montefeltro subentrò improvviso il vento di Scirocco.
Nessuno, in quei borghi dove il lume delle menti ha il pallore spettrale di un fuoco fatuo, comprese la scintilla che accese nell’animo di Childrens un’incontenibile energia, fatta di stupore e magnifica esaltazione.
Lo videro correre, annaspare, rotolare e rialzarsi per i pendii innevati che scendono ripidi al Fosso Fanante. Da Ca’ d’Ingegno, un anziano sacerdote (dimenticato lì dal proprio Vescovo al termine della processione del Giubileo del 1950) affermò di averlo visto salire a grandi passi verso la macchia che porta ai ruderi di Casa Guidi, ormai in vista di Maiano. Il vento da Sud portava frammenti di frasi sconnesse, che nessuno colse nel loro autentico significato: “piena”…“grotta”…“sciacquone”.
Poi, furono distratti dalla valanga che, scivolata dal ripido versante della collina di Sapigno, sfiorò la casa del Connestabile per finire, fragorosamente, a colmare la forra del Fosso Gambone.
Fu solo a sera del giorno dopo che il cane di Elmiro, il vegliardo che un tempo era stato maestro alla scuola di Pietrabassa, ritornò stringendo tra le fauci non un fagiano, ma un tascapane fradicio e sdrucito, che si salvò dalle fiamme del focolare solo perché da esso sporgeva, stinta e infangata, una fotografia che catturò l’attenzione del vecchio pedagogo.

Questa è l’ultima traccia terrena di Robert Childrens, che fu consegnata alla cugina Annabel, in lacrime, il 22 gennaio scorso, sull’aia della casa di Elmiro, sotto gli sguardi silenti di un piccolo pubblico.

Di questi fatti ella mi ha fatto partecipe, senza più speranze nel ritorno di Robert dalle regioni in cui i passi non lasciano orme, con la preghiera di farne un atto a memoria del suo amato congiunto.

In fede,

Margherita Pucci Bassini

 

Note al testo

1 – Nella biblioteca dell’Istituto Pasteur, in via Mont Blanc 37, risulta una scheda di prestito librario a suo nome, dove sono elencati i testi “Shit of several species of small furry animals gathered together on a cave and grooving with a piot” e “Les pollutions des smilodontes: une recherche filologique”.
2 – Uno scontrino, rinvenuto tra la polvere sotto il tavolo al quale abitualmente sedeva, alla data del 12 gennaio 2006 riporta la seguente nota spese: Secondo piatto € 3,50; Nutella 750 g € 7,35; orzo solubile in tazza grande € 1,80.
3 – “Ci sono cose che è meglio non conoscere, se si possono conoscere solo con il peccato”, Enea Silvio Piccolomini.

www.qualchicco.it - pagina aggiornata il 23/09/2006


-...e dopo vuvvuvvu que ce se mette?
- a me l'dici? mettece qualchiccò!